Come contestare una sanzione amministrativa
Quando si ritiene di aver ricevuto una sanzione amministrativa illegittima, è possibile opporsi ai sensi degli artt. gli articoli 203 e 204bis del Codice della Strada.
Tali disposizioni prevedono la possibilità di fare ricorso alle autorità amministrative o giudiziarie del luogo in cui la violazione è stata certificata.
Dopo la notificata della contravvenzione, il presunto trasgressore ha 60 giorni di tempo per presentare ricorso al Prefetto o al giudice di Pace, secondo quanto indicato alla fine del verbale, dove viene anche individuata l’autorità territorialmente competente.
Nel primo caso il ricorso deve essere trasmesso tramite lettera raccomandata e il prefetto deve rispondere entro centoventi giorni. Se non risponde entro questi tempi, la multa è illegittima.
Per il ricorso dal giudice di pace la procedura è differente: è possibile inviare il ricorso a mezzo di lettera raccomandata oppure depositarlo presso gli uffici del Giudice di Pace del luogo dove è stata rilevata l’infrazione e rivolgersi all’ufficio preposto alle contestazioni.
– Opposizione a sanzione amministrativa
L’opposizione a sanzione amministrativa a norma dell’art. 22 della legge 689 del 1981, pur formalmente strutturata come giudizio di impugnazione, sostanzialmente tende all’accertamento negativo della pretesa sanzionatoria.
Attraverso l’impugnazione dell’atto si perviene, infatti, ad un giudizio di merito nel quale l’amministrazione irrogante ha veste sostanziale di attore, sotto il profilo dell’onere probatorio, come tra l’altro confermato dal dovere ad esso imposto dal comma secondo dell’art. 23 L. 689 del 1981, di depositare in Cancelleria, dieci giorni prima dell’udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione.
Allorché l’Autorità irrogante, non soddisfi l’onere del preventivo deposito dei documenti atti a dimostrare la legittimità della pretesa sanzionatoria l’esito del procedimento non può che concludersi con l’accoglimento del ricorso.
In tema di applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie, la mancata audizione dell’interessato, che ne abbia fatto richiesta, da parte dell’autorità competente a ricevere il rapporto, costituisce una violazione di regola procedimentale, il cui rispetto è prescritto dall’art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 a garanzia del diritto di difesa del presunto trasgressore nella fase amministrativa, e questa violazione rende illegittima l’ordinanza – ingiunzione emanata a conclusione del procedimento stesso.
E’ questo il principio di diritto espresso dalla Prima Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 13505 depositata il 21 luglio 2004. La pronuncia è importante in quanto per la prima volta la Suprema Corte afferma in maniera chiara che la mancata audizione di colui che ne ha fatto richiesta al prefetto determina l’illegittimità dell’ordinanza ingiunzione emanata dalla stessa autorità amministrativa.
– Multe per eccesso di velocità
Nel contestare una multa per eccesso di velocità occorre innanzitutto verificare con quale strumento la velocità sia stata rilevata.
Per contestare una multa sollevata a seguito di violazione del C.d.S. rilevata con autovelox è importante prima di tutto esaminare la presenza di questi rilevanti elementi: modello e numero di matricola dell’autovelox utilizzato, decreto di omologazione, verifica del corretto funzionamento e dell’eventuale taratura.
Il numero di matricola è quello attraverso cui sarà possibile individuare l’autovelox concretamente utilizzato e, quindi, ex post, verificarne il funzionamento. Ne consegue che, ove il numero di matricola non sia indicato, qualsiasi indagine nel merito sarà preclusa fin dall’origine, con irrimediabile pregiudizio per la tutela del ricorrente.
Per quanto riguarda il decreto di omologazione, esso varia per ogni tipo di dispositivo ed è appunto il decreto con cui il Ministero delle Infrastrutture acconsente a che un determinato apparecchio sia utilizzando per la misurazione della velocità, indicando in modo specifico le modalità di utilizzo a cui le amministrazioni dovranno attenersi. I decreti di omologazione stabiliscono in primo luogo se un determinato tipo di autovelox è utilizzabile in modalità automatica o, viceversa, se il suo uso è consentito solo quale strumento di ausilio per gli agenti preposti.
Nei decreti di omologazione, la verifica di funzionamento è sempre prescritta per ciascun autovelox. Così nei verbali, solitamente, è riportata, per inciso, l’affermazione della verifica preventivamente effettuata. Tale generica affermazione non è sufficiente. È, infatti, preciso diritto di ogni cittadino avere contezza della verifica effettuata e del suo valore legale. Spesso le amministrazioni sollecitate a farlo, esibiscono certificati di funzionamento rilasciati dalle stesse ditte e società produttrici o distributrici dei dispositivi. Tali certificati “autoprodotti” non hanno alcun valore legale. Viceversa, risulterebbe tradito quel principio d’indipendenza dei laboratori preposti alla verifica, sancito con D.M. del 10/12/2001 del Ministero Attività Produttive – Art. 2 (verificazione periodica degli strumenti di misura) – il quale prevede che i laboratori preposti alla verifica periodica debbano offrire garanzie d’indipendenza, non intrattenendo, quindi, rapporti commerciali, finanziari e societari con gli utenti metrici.
Altro aspetto importante è la taratura. Particolarmente significative sono le conclusioni del Tribunale di Lodi, nella sentenza 363/00 del 22/05/2000, che così si sintetizzano:
– uno strumento di misura per essere attendibile deve essere tarato con riferimento a campioni azionali, inizialmente e periodicamente;
– nessuna tolleranza forfettaria può sostituire la taratura, unica operazione in grado di rilevare e correggere eventuali errori sistematici e di confermare la conformità dello strumento alle caratteristiche metrologiche richieste;
– non può esistere nessun sistema di autocontrollo in grado di sostituire la taratura rispetto a campioni nazionali;
– non vi è conformità nella procedura di omologazione adottata dal MLLPP rispetto alla normativa Nazionale ed Internazionale;
– in assenza di idonea procedura di taratura, la misurazione della velocità risulta assolutamente inattendibile e non idonea a provare la fondatezza dell’accertamento amministrativo.
Ne derivano i seguenti principi:
1) la taratura deve ritenersi obbligatoria per preciso dettato legislativo, proveniente dalla Legge n. 273/1991;
2) nessuno strumento di misurazione può ritenersi attendibile se non preventivamente tarato con riferimento a campioni nazionali e nessuna approssimazione forfettaria applicata per difetto può sostituire la mancata taratura;
3) non può disporsi alcuna perizia tecnica nel corso del giudizio poichè essa non consentirebbe comunque di verificare quali fossero le condizioni di funzionamento dell’apparecchio all’epoca della rilevazione;
4) l’amministrazione opposta riveste il ruolo di attore sostanziale e, pertanto, su di essa grava l’onere della prova circa i fatti posti a fondamento dalla pretesa pecuniaria.
E’ rilevante evidenziare il verbale di contestazione deve essere notificato entro 150 gg dall’accertamento, prevedendo altresì che “qualora l’effettivo trasgressore od altro dei soggetti obbligati sia identificato successivamente alla commissione della violazione la notificazione può essere effettuata agli stessi entro centocinquanta giorni dalla data in cui risultino dai pubblici registri o nell’archivio nazionale dei veicoli l’intestazione del veicolo e le altre indicazioni identificative degli interessati o comunque dalla data in cui la pubblica amministrazione è posta in grado di provvedere alla loro identificazione”, che tale ultima formulazione dell’art. 201 C.d.S. si è resa necessaria, da parte del Legislatore (D.L. 27/6/03 n. 151) alla luce della dichiarata incostituzionalità (sent. 17/6/1996 n. 198) del medesimo articolo prima del suddetto intervento legislativo